La scrittura in prima persona permette di catapultare il lettore nel mondo creato dall’autore e fargli vivere le emozioni del protagonista, vivendo le situazioni con i suoi stessi occhi. La scrittura in prima persona risulta immediata, ritmata ed emozionale: questo a patto di evitare gli errori più grossolani.
Quali siano questi errori lo vediamo assieme nell’articolo.
È una mia convinzione e anche se non ho la pretesa di insegnare un mestiere di cui non sono maestro, posso esprimere la mia opinione: scrivere in prima persona è il massimo per romanzi di azione, fantasy o racconti moderni.
L’intensità emotiva della scrittura in prima persona
La scrittura in prima persona ha la capacità di trasportarti letteralmente da un luogo a un altro, di farti percepire lo scorrere del tempo, le ansie e l’intensità dei dialoghi molto più di quanto non lo faccia la terza.
Vuoi creare una forte intensità emotiva? Usa la prima persona. Intrappola l’anima del lettore e conducilo passo dopo passo nei meandri della storia. Nella scrittura in prima persona il protagonista si rivolge direttamente a te, ti mostra le cose che vede, ti accompagna nei posti, li racconta e ti permette di viverli restando accanto a lui.
Quello che è necessario, il vincolo di questo stile, è che la narrazione deve avvenire dal punto di vista del protagonista. E qui, di solito, iniziano alcuni problemi e si commettono errori grossolani.
Scrittura in prima persona: alcuni errori da evitare.
Come dicevo la scrittura in prima persona impone di far vivere le vicende al protagonista, quindi visto che è lui stesso a raccontare quello che accade, deve viverlo e deve vederlo.
Ecco qualche esempio: nella nostra storia Marco deve attraversare la città per raggiungere una ragazza. Non sa che proprio in una delle strade dove dovrà passare è in corso una rapina. Una bionda è coinvolta nella sparatoria e giace a terra: assomiglia terribilmente alla sua amica.
Per raccontare una storia simile attraverso la scrittura in prima persona possiamo scegliere mille strade, a patto di conservare il vincolo che è il punto di vista di Marco. Ci proviamo?
Potrei anche fermarmi alla gioielleria e prenderle una medaglietta. Sono quasi le 8, se mi sbrigo faccio ancora in tempo. Zaino, giubbotto, ho tutto… Le chiavi.
“Mamma, le chiavi?”
“Le ho appese dietro la porta, dove dovrebbero stare.” Sarcastica in ogni parola. Ora non ho tempo.
Presi le chiavi e scesi in garage. Il telefono squillò proprio mentre mettevo in moto.
“Marco?”
“Oh, David, dimmi, sono già partito, esco con la Cri stasera”
“Ecco… Marco sono in via Zani, è successo un casino, hanno svaligiato una gioielleria e…”
“Eh? Era dove volevo fermarmi… Pensavo di prendere una med…”
“Mark, mi spiace, c’è una ragazza a terra, è girata e non sono riuscito a vederla, ma assomiglia molto a…” Sentii uno spasmo nello stomaco e il cuore perdere un battito.
Dobbiamo far capire al lettore che nella zona opposta della città è capitata una sparatoria. Non possiamo far narrare l’episodio a un narratore: lo deve raccontare il protagonista. Potremmo usare anche variazioni, per esempio fargli ascoltare un comunicato alla radio come una news improvvisa.
Non esisterà quindi la possibilità di scrivere “Marco aveva le guance rigate di lacrime”. Potremmo scrivere “Sentii le guance rigarsi di lacrime” e via di seguito. Ricordalo: siamo dentro alla storia, non la stiamo guardando da fuori.
Facciamo un altro esempio:
Robert pensava alla scena del delitto, tutto quel sangue non lo convinceva.
Una scrittura del genere è semplicemente sbagliata poichè impone una deduzione del narratore, che oltre a non dover comparire non può sapere cosa pensi Robert. Non è scrittura in prima persona. Ben diverso sarebbe stato:
“Allora Robert? che ne pensi”. Alzai lo sguardo, Stephen mi fissava con i suoi occhi sottili.
“Non so, tutto quel sangue non mi convince per niente, hai notato…”
Scrittura in prima persona: incalzante ed emozionale.
Altri errori grossolani da evitare sono quelli di cambio di tempo. La storia coincide con quello che vive il protagonista. Quindi i tempi nel fare le cose sono importanti, è difficile pensare a salti di tempo per creare prequel o altro. Potrebbe essere più interessante ascoltare il protagonista che parla raccontando direttamente alcuni episodi della sua vita passata come se stesse parlando a uno specchio.
Tornando all’esempio di Marco, il rischio è anche quello di narrare soltanto lo svolgimento dei fatti. La prima persona deve dirti tutto, le emozioni, le situazioni, essere incalzante ed emozionale. E’ un’opportunità che non puoi perdere.
Arrivai in via Zani e fermai la macchina. Mi recai sulla scena spingendo via le persone. Sgusciai sotto alla recinzione creata dalla polizia. Il cadavere era steso a terra. Gli stessi capelli.
E ora questo:
Arrivai in via Zani con le immagini del viso di Cristina che mi rimbalzavano davanti agli occhi.
Abbandonai la macchina aperta prima della calca delle persone. Cristina… Cominciai a gridare il suo nome come un pazzo ancor prima di vederla. Le persone mi fecero spazio fino a quando giunsi al nastro di protezione. “Cristina!” gridai.
Sgusciai sotto alle persone fino al cadavere. Gli stessi capelli. Il cuore mi martellava nel petto. Mi inginocchiai accanto a lei. Mi resi conto del suono dell’ambulanza in arrivo e piansi.
Che ne dici? Quale dei due è più incisivo?
Scrivere in prima o in terza persona?
Ho già scritto un articolo su quando sia meglio scrivere in prima persona. Non esiste un modo giusto o sbagliato, quello che è importante è fare una scelta ponderata in base alla storia che vuoi raccontare: nel caso le vicende siano sparse per un mondo vasto, dove decine di personaggi intrecciano storie e situazioni, la terza potrebbe essere molto più indicata.
Spero ti sia chiaro: la scrittura in prima persona è molto caratterizzante per il protagonista, quindi tutto il racconto dovrà essere incentrato su di lui.
Hai presente le storie di Anita Blake, la sterminatrice di vampiri? 🙂 Ecco, quella serie è un ottimo esempio di scrittura in prima persona, piacevole e con un ritmo dannatamente incalzante. Anzi, ora stacco e vado a leggerne qualche altro capitolo.
Alla prossima!
Salve, sono capitato su questo blog per via di una riflessione sull’uso della prima persona come POV assieme all’uso del tempo presente. Vorrei quindi condividere qualche considerazione per avere un’opinione in merito.
Dunque, se il tempo passato permette di costruire frasi: “Ero esterrefatto” al tempo presente questo risulta semanticamente corretto ma logicamente artificioso: “Sono esterreffato”
Quesot perché se nel primo caso abbiamo narratore e personaggio fusi nella stessa persona, qui abbiamo l’intrusione del narratore che cerca di comunicare qualcosa al lettore tramite i pensieri del personaggio. Ma nella realtà noi non pensiamo in questi termini, pensiamo “Accipicchia!” e questo mostra tutto il nostro stupore.
Questo può essere esteso, per dire, anche al movimento? “uscii per strada” racconta qualcosa mentre la prima persona “Esco per strada” dovrebbe essere un pensiero diretto e non un racconto (a meno che di non costruire un personaggio che si parla addosso ma è fuori dalla norma).
Quindi la prima persona in tempo presente deve evitare tutte le frasi che siano didascaliche ossia cerchino di raccontare qualcosa fuori dal contesto diretto che è il flusso di coscienza e il dialogo del personaggio, a mio avviso. Scrivere “Mi alzo e sono già pieno di preoccupazioni per la giornata” è uno scontro tra discorso diretto (che la prima persona presente indicativo dovrebbe imporre per definizione) e discorso indiretto (ossia l’elemento narrrativo/descrittivo che fa da didascalia al discorso diretto, giusto perché il narratore vuole dire qualcosa direttamente al lettore).
Che ne pensa?
Ciao Federico.
Una domanda interessante, senza dubbio, su cui concordo parola per parola.
Il mio pensiero è che in certi casi non occorra parlare. Credo sia sufficiente “mostrare”. Cioè il narratore non deve fare intrusione nella storia, è il lettore che deve capire in base a ciò che succede, o ancora meglio in base a quello che il personaggio sta’ facendo (visto che il movimento è suo, gli “occhi” sono i suoi etc)
E’ il famoso concetto di “show, don’t tell”.
Non voglio dire che sono pieno di preoccupazioni per la giornata. Potrei farlo dire a qualcun altro, che entrando nella stanza potrebbe notare miei comportamenti insoliti.
Posso quindi “mostrare” al lettore che mi sto’ comportando in modo distratto, che mi sto’ lavando i denti con ferocia, perchè… sono pieno di pensieri e di ansie 🙂 Semplicemente l’altro potrebbe farmelo notare attraverso un dialogo.
Show, don’t tell. Sempre.
E grazie mille per l’interessante commento!
Grazie mille, questo conferma tutti i miei dubbi che in effetti nascono sempre dal solito nocciolo: mostrare, non dire (e da qui tutto il discorso diretto e indiretto).
Noto che questo nodo è ben poco chiaro ogni volta che si parla di prima persona presente indicativo, che impone un taglio provo del tutto del colloquio del narratore con il lettore, ma una presa diretta del pensiero – il che esclude qualsiasi riferimento diretto ad azioni, ma solo a parole esplicite oppure intenzioni, commenti propri, opinioni personali ecc.
Un piccolo paradosso che ne potrebbe uscire è il pensiero/commento ad una azione che il lettore non può conoscere perché nessuno gliel’ha descritta, in quanto non abbiamo bisogno di descrivere tutto ciò che facciamo quando pensiamo…
Beh…
Teniamo sempre presente che siamo in un romanzo, e in questo contesto – ma è solo una mia personalissima opinione – tutto quello che c’è deve servire a qualcosa, quindi val la pena concentrarsi su azioni e dialoghi che abbiano valore nel contesto dell’avanzamento della storia 🙂
Ciao buona serata
Salve avrei un dubbio; dunque parto con il dire che sto scrivendo una storia fantascientifica in cui i protagonisti sono un ragazzo ed un’androide. I capitoli sono in terza persona ma a fine dei tali vorrei aggiungere il POV dell’androide che trova bizzarri e talvolta incomprensibili i comportamenti dell’umano, condividendo così il suo punto di vista con il lettore creando così una nota di comicità e di incomprensione tra i due personaggi (come una sorta di riassunto ma in prima persona). La mia domanda è: Se la prima parte del capitolo (quella in terza persona) è impostata al passato, la seconda parte (il POV) può essere al presente oppure deve rimanere al tempo passato?
Ciao Naoya.
Non ci sono regole precise quando scrivi un romanzo. Secondo me al solito è sempre bene porsi nei panni del lettore per capire se tutto possa filare.
Cambi di prospettiva, cambi di tempo, cambi di “inquadratura” non sono poi così insoliti, quindi perchè no? Il tutto sta nel capire se possa “funzionare”.
L’idea in sè potrebbe anche essere carina per come l’hai descritta 🙂 non so per il cambio di tempo, non mi convince troppo.
Grazie per il commento
Grazie mille per la risposta, il fatto che possa essere un’idea carina mi è di grande aiuto. Vorrei far luce su un piccolo punto il quale che ho dimenticato di spiegare precedentemente: il POV si distingue dalla storia in terza persona in quanto è scritto completamente in corsivo, questo significa che quando inizierà il “sub-capitolo” (o riassunto) ci sarà per esempio “-Data: ???-” oppure “-Luogo: Nido della creatura-” ciò farà capire al lettore che, quello che sta leggendo, è il punto di vista dell’androide. E’ un campo nuovo per me ma spero di aver reso meglio l’idea ora, nel caso avessi sbagliato cercherò di revisionare il lavoro e di apportare le dovute correzioni.
Sperimentare cose nuove è sempre interessante e come al solito: tu devi garantire che sia comprensibile e chiaro.
Spetta al lettore decidere il resto 🙂
P.S. Occhio anche alla difficoltà di lettura. Un pensiero, tutto scritto in corsivo, è sostenibile. Se dovessi leggere 3-4 pagine piene tutte in corsivo probabilmente i miei occhi non gioirebbero… 🙂 Quindi valuta bene
La ringrazio per i consigli, cercherò di non strafare con il corsivo anche se difficilmente arriverò a più di una pagina. 🙂
Buon giorno mi chiamo Susi e avrei bisogno di una suo consiglio riguardo un racconto che ho scritto, e pubblicato su un gruppo Facebook capitolo per capitolo. IL protagonista racconta, attraverso alcune lettere, con una persona non più in vita e dato che la mia storia inizia proprio il giorno della morte di questa persona, ho iniziato scrivere usando il passato prossimo. Il protagonista, poi parte per un viaggio dove incontrerà alcuni suoi simili e mi è capitato spesso, in base alle persone che incontra, alle situazioni, di usare il presente indicativo, mi spiego meglio: … Sentivo una musica provenire da lontano… vedo un giovane viandante e mi avvento su lui togliendoli la vita. Poi magari in un altro capitolo racconta di nuovo usando il passato prossimo. Nella seconda parte, quando lui torna al luogo di partenza, ho descritto tutte le sue azioni, i luoghi ecc .. usando il presente indicativo. pensa che sia una storia un po’ incasinata dal punto di vista verbale? ho pensato di scrivere tutto quanto usando il passato remoto, ma il fatto che lui conclude ogni capito con un pensiero per la persona che non c’è più, non mi sembra che scorra molto bene. Se può mi faccia sapere. Grazie
A me piacciono molto i tempi verbali al presente perché rendono il romanzo vivo. Bellissima anche la prima persona, poiché ti trasporta all’interno delle pagine e puoi vivere i fatti dagli occhi del protagonista.
Poi è chiaro che andrebbe visto tutto il libro per rendere fluida la scrittura e togliere ogni errore.
Ciao in bocca al lupo con il progetto.